Domande Frequenti

  • Ho creato un metodo negli anni che prende spunto da tutte le discipline studiate. Ho sempre avuto molta curiosità, e lo studio mi ha dato modo di approfondire materie dal quale ho potuto ricavare molte risorse.

    I livelli di intervento sono le quattro aree dell’essere umano, il corpo fisico, mentale, emotivo, spirituale.
    Essendo questo un percorso olistico, si prefissa di osservare le varie problematiche portate dal cliente, a 360 gradi.

    Questo vuol dire che la visione dello stesso è unitaria, non si scinde la persona in un sintomo, ma quel sintomo o disagio, fa parte di un processo messo in atto dalla persona stessa per risolvere ad un conflitto più profondo.

    Sia che si parli di un sintomo fisico che più prettamente emotivo o mentale, questo è il risultato di un programma biologico e sensato che porta quell’essere umano, alla comprensione di sé.

    Molti dei nostri sintomi, se compresi ed osservati alla luce di questa consapevolezza, possono essere risolti, evitando di incorrere ad inutili ricadute.

    Lo stesso è se ci rivolgiamo alla sfera più prettamente emotivo o spirituale. In questa epoca che ha visto molte persone indifese, spaventate, è necessario prendere posto in una nuova consapevolezza, più evoluta, dove si riprende il posto di creatore consapevole, invece che di vittima del mondo. Vedere l’essere umano in toto, vuole questo, la ripresa di noi stessi come potenti creatori nel bene e nel male.

    Osservare questa visione non solo porta equilibrio, ma è in grado di portare libertà, salute e benessere.

    La malattia, il disagio, non è un nemico, non è qualcosa dal quale prendere le distanze o da combattere, da tagliare fuori, ma piuttosto da comprendere, da integrare perché parte di noi.
    La malattia, il disagio, i problemi a lavoro, le relazioni difficili, sono tutte simbologie, che se viste ed osservate possono portare una grandissima ricchezza nella nostra vita.

    Se usiamo invece il metodo del tagliare via dalla nostra vita ciò che non vogliamo, ci prederemo l’occasione di progredire e di trovare la vera felicità.

    Invece quel disagio, o quel sintomo è li per un motivo, per farti osservare una parte di te che ancora non hai integrato, compreso, dove non c’è niente da scartare. Questo vuol dire “dire si alla vita”, prendendo tutto quello che ci accade come un modo di imparare, questa è la vera crescita spirituale.

  • Il tipo di lavoro svolto prevede un tempo di attesa tra una sessione e l’altra che serve al cliente per integrare le informazioni ricevute all’interno della stessa. E’ soggettivo ma di base si considera una sessione al mese.

  • E’ utile seguire il canale Telegram, poiché dall’ascolto delle pillole giornaliere si può comprendere di più sugli argomenti trattati ed intanto fare pratica. Il canale Telegram è e resterà sempre gratuito.

  • Certo che si, e sono anche i più bravi perché poveri di sovrastrutture che bloccano i vari processi di guarigione. Essendo questo un lavoro che prevede l’osservazione anche del sistema familiare, è molto importante che i progressi dei bambini siano seguiti anche da un lavoro di consapevolezza del genitore, poiché nessun bambino si permette di superare uno scoglio se non prima non l’ha superato il genitore.

  • Dallo studio di molti metodi, nasce questo percorso atto a rendere la persona autonoma, ma prima di raggiungere l’autonomia, occorre nutrire la consapevolezza del perché mi ammalo sia emotivamente che fisicamente.

    In questo ci aiuta il lavoro sull’ombra, sulle parti di noi che creano eventi e situazioni e a volte anche malattie, in grado di portare disequilibri di diverso tipo nella nostra vita. Si procede cercando la causa profonda, in questo ci aiuta la radiestesia, con lo studio delle energie sottili, utili in questo tipo di ricerca.

    Se occorre, anche l’aiuto con i fiori di Bach può sostenere la persona durante il percorso, nonché le acque vibrazionali e altri rimedi che concorrono ad una buona riuscita di questo tipo di terapia naturale.

    Durante la sessione vengono testati i metodi più utili, in quanto ogni persona risponde meglio ad una tecnica rispetto ad un’altra.

    Si potrà affrontare il problema attraverso la meditazione o ipnosi, o attraverso un lavoro di costellazione familiare, o la lettura del sintomo rispetto alle leggi biologiche a cui ogni essere vivente risponde.

    Per i più spirituali si potrà andare su questo livello, se il blocco è sul livello dell’anima.

    Il continuo studio e la ricerca mi ha condotto ad approfondire tutto ciò che sentivo essere sulla mia linea, per poter essere di aiuto a più persone possibili.

  • Partendo dalla biologia il dolore è utile ad avvertire che è in atto un processo di riparazione. Durante questa riparazione, occorre fermare il soggetto che senza la sensazione del dolore, non avrebbe nessuna contezza di ciò che sta accadendo dentro di sé.
    Pensiamo al dolore in un ginocchio, senza quel dolore, potremmo decidere di andare a correre, senza renderci conto del danno che potremo causare alle nostre strutture ossee, correndoci sopra.

    Il dolore serve alla guarigione. In questa visione “olistica” qualsiasi tipo di dolore, è degno di essere ascoltato, vissuto, senza il quale non potremo renderci conto e soprattutto non potremo essere partecipi di un processo che ci riporta ad essere protagonisti e non più spettatori, delegando esclusivamente agli altri la nostra guarigione.

    Occorre essere aiutati, ed ogni tipo di aiuto va bene se ci fa progredire, ma occorre anche riprenderci quel potere di essere protagonisti ognuno del nostro percorso interiore, dei nostri sintomi fisici o emotivi.

    Il dolore ha sempre un messaggio e dietro quel dolore, quella malattia si nasconde sempre un dono per noi.

  • La prima cosa da fare per chi inizia un tipo di percorso come questo, è l’ascolto interiore. Ascoltare il dialogo interno, farci i conti senza negare, può davvero aiutarci a comprendere molte dinamiche interiori, qualsiasi sia l’emozione che emerge, quindi senza giudizio alcuno.

    Facendo questo, legittimiamo il nostro sentire e portiamo quel vissuto da sotto il livello di coscienza a sopra.

    Il solo fatto di portarlo in superficie lo rende visibile ai nostri occhi e al nostro sentire e da lì non si può negare più. Questo ci aiuta ad alleggerire la parte inconscia, quella parte cioè più forte, non esposta e alleggerendo questo carico dalle emozioni che viviamo, possiamo alleggerire anche la nostra vita.

    Per fare questo occorre una grande presenza, introspezione senza la quale nessun ascolto è possibile.

    Quindi per mettere in pratica la spiritualità nella nostra vita, occorre prima di tutto, questo ascolto interiore, giornaliero e costante per accorgersi di quale parte di noi in quel preciso momento sta guidando la nostra vita.

    Questo è anche quello che chiamo “Meditazione Itinerante” cioè è quell’ascolto che si basa sull’osservare ciò che c’è e non nel cercare di raggiungere o meno la pace interiore, questa è la conseguenza dell’ascolto e non deve essere la meta poiché così rischiamo di allontanarci dalla pace interiore perché andiamo a soffocare il nostro reale sentire.

    “Le emozioni negative non sono sbagliate e da giudicare sono semplicemente da accogliere”

  • Altra domanda a cui voglio rispondere è tra l’altro uno degli argomenti che mi piace di più trattare nelle mie sessioni, quello cioè delle relazioni.

    Chi tra di noi non ha avuto a che fare con un problema nelle relazioni, chi non ha lasciato o è stato lasciato da qualcuno perché la relazione non funzionava.

    Quello che ho compreso nei miei anni di formazione, crescita e lavoro sugli altri è che la maggior parte delle relazioni che si trovano a che fare con un problema da risolvere potrebbe essere salvata solo dal lavoro su sé stessi.

    Questo perché la maggior parte dei problemi deriva dalle nostre proiezioni, vuol dire cioè che il reale problema, la radice profonda del problema non è mai ancorata al presente, ma proviene da un vissuto lontano dentro di noi.

    Se osserviamo queste parti di noi non risolte, facendoci aiutare ed essendo guidati a questo ascolto interiore, riusciamo a comprendere quali proiezioni mettiamo in atto nella nostra relazione di coppia.

    Le proiezioni sono un brutto scoglio da superare perché non sono facili da scovare e la nostra mente razionale ci convince che ciò che stiamo vedendo nel nostro rapporto sia reale, ma non è così, stiamo osservando semplicemente una parte di noi non vista e riconosciuta.

    In un cammino spirituale ciò che dobbiamo principalmente fare è proprio quello di spogliarci da tutto questo, imparando ad osservare la verità profonda.

  • Per qualsiasi argomento trattato, che sia di salute, di rapporti personali, di lavoro, ci troviamo sempre a che fare con il rapporto con sé stessi e con Dio.

    In realtà Dio lo potete chiamare anche Universo, non cambia nulla, non è un discorso religioso questo, ma spirituale. Quindi non ci fermiamo ai nomi e alle etichette.

    Vivere una vita con spiritualità ha a che vedere con questo, con il nostro rapporto con sé stessi e con l’universo, Dio se preferite. E’ importante evitare di cadere nella trappola mentale dei vari dogmi tipo: Dio è fuori, Dio è dentro…..Dio è ovunque è dentro di noi in quanto noi siamo particelle, Dio è fuori da noi, iniziamo ad avere questa fede che comprende il tutto.

    Quando non sappiamo più che pesci prendere nella vita, la fede nell’universo, in Dio può davvero aiutarci. L’abbandono, la resa a ciò che c’è, è in grado di trasformare la nostra vita, dove non è vero che non accadranno più cose spiacevoli, ma sapremo invece affrontarle al meglio.

    La spiritualità è sempre stata intesa come una pratica che ti allontana dal corpo, che ti fa raggiungere stati di coscienza lontani dal mondo terreno ed è anche questo, ma oggi siamo chiamati a portare la spiritualità nella nostra vita, a livello terreno, a creare un ponte fra cielo e terra.

    Quindi alla domanda come posso realizzare al meglio la mia vita con la spiritualità, la risposta è: “trova il contatto con te stesso e con Dio….”
    E come si fa?
    Innanzi tutto occorre una grande onestà, un riconoscere esattamente le nostre emozioni, il nostro sentire, accettarlo, accoglierlo, lasciarlo fluire… perché se non faccio questo processo, e cerco nella spiritualità una via di fuga, tipo “medito per non pensare”, faccio yoga o qualsiasi altra cosa, e quindi sto nel fare anziché nel sentire, è proprio lì che vado fuori strada.

    La spiritualità ti porta dentro, ad osservare prima di tutto ciò che c’è.

  • Innanzi tutto la prima relazione d’amore che andrebbe coltivata è la relazione d’amore con sé stessi.
    Nel mio lavoro spesso accade di trattare questo argomento. E difficilmente trovo nei racconti, persone che si sono veramente accolte e accettate o perdonate. In un percorso spirituale il primo passo è proprio questo, perché non posso amare l’altro o farmi amare senza prima essere passato dall’amore verso me stesso, dal perdono o dall’accettazione. Se così non è molto probabilmente vivrò rapporti incorniciati dalle mie proiezioni, vuol dire che leggerò o interpreterò la mia vita in base alle esperienze che ho vissuto nel mio passato e continuerò a viverle senza una reale crescita interiore.
    Mentre se ho fatto questo percorso dentro di me potrò vivere l’amore senza meccanismi proiettivi, guardando la persona che ho davanti senza più confonderla con qualcuno che rappresenta il mio passato. Fare un salto dentro sé stessi può aiutarci davvero a vivere rapporti migliori.
    Qualcuno ce lo aveva già insegnato, “Ama il prossimo tuo come te stesso” siamo sicuri di aver compreso bene questo insegnamento?

  • Anche il rapporto con i nostri figli può diventare un rapporto vissuto con la spiritualità, nella misura in cui inizio a considerare loro non più come esseri che hanno tutto da imparare, ma piccoli saggi che hanno tutto si da riscoprire, ma anche da insegnare a noi genitori.

    E come ce lo insegnano?
    I modi sono tanti e le metodiche altrettanto, basta pensare alla mole di pazienza che dobbiamo produrre per rimanere calmi anche dopo una giornata di lavoro.

    In spiritualità impariamo che tutto ciò che ci accende, in termini di reazione ci sta ad indicare proprio il punto in cui dobbiamo porre la nostra attenzione, sul quale dobbiamo lavorare.

    Va da se che se ci mettiamo in contatto con questo, i nostri figli sanno proprio dove mettere il dito. E’ dal superamento di questi ostacoli, che riusciamo a trasformare una relazione tra madre-padre/figlio in una più elevata, spirituale.

    Quando riesco ad imparare anche da un piccolo essere, e trasformo accogliendola la reazione che stimola in me, ho fatto un passo avanti perché avrò accolto e accettato una parte di me che spingeva forte, e mi guidava ad agire all’esterno, magari perdendo la pazienza.

    Nel mio ruolo di madre, le battaglie che ho perso sono state proprio queste, quelle cioè in cui lasciavo le emozioni di prendere il sopravvento, mentre quelle dove sono riuscita ad accettare ciò che si muoveva dentro e ad accoglierle senza proiettarle fuori, magari sull’altro, sono stati momenti in cui ho davvero imparato molto sia su me stessa che dal piccolo saggio che avevo di fronte.


    E’ proprio così, i nostri figli sanno esattamente ciò di cui abbiamo bisogno e noi crediamo solo in parte di sapere ciò che loro hanno bisogno di sapere.

  • Vuol dire attimo dopo attimo cercare di aumentare la consapevolezza che ci spinge a cercare dentro più che fuori. Smettere di dare la colpa all’esterno di ciò che accade e cominciare ad interrogarsi e a sentire cosa stiamo creando nella realtà affinchè si viva situazioni e circostanze che possono portare delle difficoltà, eventi spiacevoli.

    Cercare in ogni situazione che viviamo un insegnamento smettendo di dare la colpa al mondo esterno, senza accusare l’altro ritrovando così il nostro centro interiore.

    Le persone che non sono abituate a lavorare su sé stesse, o che non hanno mai lavorato su di sé hanno proprio questa modalità, danno la colpa agli altri per ciò che gli accade, non si mettono mai in discussione, cercano il carnefice che li fa cadere sempre nel ruolo delle vittime.

    Le persone che non hanno minimamente lavorato su di se e non hanno mai messo l’attenzione su di sé, sono persone che non potranno godere dei benefici che la vita può portare loro, perchè questi benefici per la maggior parte delle volte passano attraverso delle sfide, attraverso il dolore o l’assenza di dolore, la piattezza dei sentimenti, la non soddisfazione o a volte anche l’insicurezza.

    Lavorare su di sé per manifestare al meglio in quanto potenti creatori, vuol dire anche potersi dare la possibilità di attirare il nostro meglio. Questo passa quando riusciamo ad imparare dai nostri errori, dalle cose che ci accadano.

    La persona che non è minimamente lavorata si trova a vivere una vita non soddisfacente, una vita in cui spesso si lamenterà che la vita è dura, che bisogna fare fatica, che bisogna accontentarsi. Queste sono persone che si accettano, e uso questo termine nella sua accezione più negativa, quindi rassegnandosi senza avere la spinta di volersi migliorare, quando in realtà basterebbe quel salto dentro sé stessi per migliorarsi e osservare quali aspetti di noi ci stanno guidando verso una vita che non è felice.

    Si guardano intorno e danno la colpa a quello che accade, a volte alla politica all’essere umano, senza fare quel passo in più per accedere a quello stato che determinerebbe la pace anche all’esterno. Partendo dal nostro piccolo ci aiuterebbe a creare relazioni già appaganti, vita più soddisfacente per trovare un lavoro più in linea con le nostre corde.

    Lavorare su di sé è il primo passo per la realizzazione di una vita più completa, più in equilibrio e più felice.

  • Le nostre credenze sono fondamentali al nostro tenore di vita.
    Una vita sana è possibile lavorando proprio sulla nostra consapevolezza.

    Come leggo il mondo, le relazioni, ciò che mi accade determina tutta la mia realtà.
    Se fuori da me leggo conflitto, guerra queste energie sono dentro di me.
    Il mondo non è oggettivo, il mondo è come lo vediamo.

    È come lo vediamo?
    Vediamo proprio come ci sentiamo dentro.
    Quindi l’unico lavoro da fare è quello dentro di sé, per abbattere tutte quelle credenze che fanno si che nella nostra vita si manifesti la guerra, la difficoltà.

    Cambiare prospettiva e portare a galla la causa profonda di ciò che sento o di ciò che vivo nella mia vita, risolvendo i miei conflitti interiori, darà la possibilità di vivere con presenza osservando davvero che il mondo fuori è solo una proiezione di me e non il contrario.

    Quando pensate che sia un evento esterno o una persona a causare una vostra reazione siete davanti ad una illusione, ad un’ipnosi creata dalla vostra mente. Potete sperimentare questo, metterlo in dubbio. Provate ad evitare di accettare le provocazioni, a rimanere solo nell’ascolto di ciò che sentite dentro di voi.

    Magari solo a chiedervi: Cosa si sta muovendo dentro? Questa persona cosa mi da l’occasione di osservare di me? di quale consapevolezza manco? E così via via per qualsiasi cosa che vi accade. Conoscere profondamente sé stessi è la chiave di volta per una vita più in equilibrio e più felice.

  • Perché siamo spinti a chiedere aiuto quando in noi si accende un disagio o dolore? Perché abbiamo incapacità di stare con ciò che c’è, nell’ascolto vero di noi stessi e cerchiamo ogni mezzo e misura per uscire velocemente da quel dolore o sintomo.

    Perché è insano? Perché attraversando quel dolore avremmo capito molto di noi, ma siccome la mente “mente” inganna e ci racconta che stare in quel dolore non ci fa bene, da lì inizia tutta una serie di proposte mentali per uscirne.

    La prima tra queste potrebbe essere dare la responsabilità ad altre persone per il nostro stato, a ciò che troviamo all’esterno come stimoli o ad una determinata situazione.

    Il fatto è che fuori da noi non c’è niente, è tutto dentro di noi ed uscire da questa illusione è tra le cose più difficili da fare, dopotutto veniamo sulla terra, proprio per sconfiggere le illusioni.


    E allora non bisogna mai chiedere aiuto? Non è proprio così, si può chiedere aiuto ma si deve anche cercare un genere di aiuto che ci spinga ad osservare dentro, a non cercare un aiuto che sposti l’attenzione fuori, e a rinforzare quelle caratteristiche di noi da sviluppare e destrutturare, invece quelle che spingono la nostra attenzione fuori.

  • Perché l’essere umano ha bisogno di perpetuare un’azione anche se si rende conto di sbagliare?
    Ci sono molte parti di noi che concorrono cercando di prendere posto nella nostra vita, uno spazio attraverso cui manifestarsi.
    Innanzi tutto dobbiamo smettere di pensare all’essere umano come singolo, come personalità a sé stante. Siamo fatti come esseri risuonanti e come tali vibriamo alla frequenza a cui siamo sottoposti e i pensieri e le nostre azioni, a seconda di dove mettiamo la nostra attenzione, prendono una piega oppure un’altra. Possiamo scegliere di essere ombra o luce, di dare ascolto a quelle parti di noi più in luce oppure cedere il passo ai nostri istinti più bassi meno evoluti. Pensare che una dottrina basti per educarci a dare il meglio di noi è sbagliato, abbiamo bisogno di poter accedere in profondità alla conoscenza di noi stessi, a come funzioniamo, di cosa siamo costituiti, poiché la sola dottrina con l’elenco delle azioni giuste o sbagliate può aiutarci fino ad un certo punto.
    Bisogna scendere in profondità e sapere tutto di noi. Il fatto è che siamo abituati a reagire agli eventi che ci accadono spontaneamente senza un ascolto profondo, e ci troviamo, a volte nella nostra vita, a ripetere gli stessi sbagli o a vivere le stesse situazioni facendo un passo avanti ed uno indietro, senza capire che quegli eventi sono collegati dalla stessa matrice, da un bisogno che non è reale, ma solo fittizio.
    Quindi viviamo quella esperienza, quell’altra ancora, tutte simili con quasi stessi risultati finché non ci rendiamo conto di essere nella ruota del criceto, pensando che, nel caso di un’esperienza amorosa, cambiando partner, cambi la situazione, ma non è così. Se non capiamo prima chi siamo, quali sono le nostre modalità, cosa davvero stiamo cercando, con quali filtri stiamo leggendo il mondo, difficilmente la prova a cui saremo sottoposti cambierà di sapore.
    Allora cosa dobbiamo realmente fare, cosa osservare in ciò che ci accade per poter progredire?
    Bisogna chiedersi con quale parte di noi stiamo in quel momento guidando la nostra vita. Chi parla in quel momento, ombra o luce? Da cosa sono guidato? Cedo il passo all’istinto e cosa viene viene, oppure cerco di dare il meglio di me?
    Dare il meglio di sé stessi è una parola che può essere ceduta al vento senza comprensione ed è per questo che la ricerca interiore è la base sul quale partire. Aumentare la consapevolezza ci aiuta a comprendere nel profondo chi siamo e come interagire con gli altri con compassione e senza giudizio.
    Se imparerete a fare questo, la luce vi premierà. Ad ogni azione concreta, rispondendo con la luce anziché con le vostre ombre, vedrete una trasformazione istantanea degli eventi, che non vuol dire che non vivremo più sfide, ma che riusciremo a starci dentro e ad evolvere più velocemente imparando più in fretta su di noi. Conoscere sé stessi vuol dire aver compreso di che sostanza siamo fatti, conoscere ogni parte di noi quelle più in luce, ma sopratutto le nostre parti più oscure, ed avere la consapevolezza che siamo influenzati anche dall’energia intorno a noi, e che risuoniamo anche con l’invisibile intorno a noi che si aggancia a noi se risuoniamo con basse vibrazioni, ma che elevandoci potremo liberarcene.
    Nel mondo invisibile, quando non c’è più risonanza non c’è più neanche interesse, allora attirerete a voi spiriti buoni, la voce della vostra guida diventerà più forte e voi più capaci di ascoltarla.

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